Hai mai provato a rinunciare totalmente ai Social Network? Proveresti per tre settimane? Se immagini di farlo, che emozioni emergono?
Domandiamoci come mai è così difficile staccarsi definitivamente dai profili che si creano online.
A. Bruckman (1992) definisce i cyberplace come Facebook e Instagram “puri simulacri autoreferenziali”. Questo spazio virtuale viene utilizzato spesso, soprattutto in adolescenza e giovane età adulta, come un laboratorio per la propria identità, quello che l’autrice definisce Identity Workshop. Che cosa significa?
I Social permettono di costruire un sé immaginario, che è possibile abbellire e levigare, aggiungendo o togliendo “ingredienti”: pensiamo ai filtri per le foto, sempre più sofisticati, che elidono i difetti cambiando addirittura le forme del corpo e del viso; pensiamo anche all’accurata selezione di frasi e pensieri. I Social Network danno in effetti la facoltà di scegliere il modo in cui esibirsi su questo “palcoscenico digitale”, sul quale ci si presenta al pubblico sperando di piacere, di ottenere “like” e, dunque, approvazioni.
“L’ aspetto narcisistico presente in ogni persona viene a patti con il voyeurismo di chi guarda la pagina profilo” (E. Menduini, G. Nencioni, M. Pannozzo, 2011). Detto in altri termini, alla base delle varie motivazioni, anche positive, che possono spingere a condividere un post, una foto o una frase, c’è la necessità di “farsi vedere” e, dall’altra parte, del “poter guardare”. Potremmo domandarci: da dove deriva questa necessità, di base sana, questo bisogno di essere guardati? In psicologia la risonanza va in direzione di quello che abbiamo poc’anzi definito come narcisismo. Esso comprende una moltitudine di aspetti fondamentali per l’essere umano, tra cui il bisogno di essere riconosciuti, il timore della solitudine e dell’abbandono, il desiderio di essere apprezzati e amati, di sentirsi parte di una relazione o sistema sociale. I bisogni narcisistici, se frustrati e ingigantiti, possono portare ad una spasmodica ricerca della loro soddisfazione che, in genere, è messa in atto in modo disfunzionale e fallimentare: ad esempio, nel mondo Social Network, il tentativo di raggiungere visibilità a tutti i costi postando foto sempre più esagerate, ottenendo magari molti like ma, di fatto, non un reale contatto di affetto e riconoscimento relazionale. Questo conduce ad una sensazione di discrepanza interna sempre maggiore: fra il sé reale e il sé virtuale, e il sentimento che quello reale non sia sufficientemente “perfetto”.
Una delle conseguenze più temute nell’abbandonare i Social, o utilizzarli lo stretto indispensabile, è quella che gli esperti chiamano FOMO: termine utilizzato per la prima volta da Patrick J. McGinnis, significa Fear of missing out, letteralmente “paura di essere tagliati fuori”; indica una forma di ansia sociale caratterizzata dal desiderio di rimanere continuamente in contatto con le attività che fanno le altre persone, e dalla paura di essere esclusi da eventi, esperienze, o contesti sociali gratificanti.
Nella società attuale, essendo enfatizzati questi bisogni fondamentali, è possibile che si vada sempre più a ricercarne la (pseudo) soddisfazione online, entrando così in un circolo vizioso: come dimostrato da vari studi, l’utilizzo di internet può diventare sconsiderato e dannoso dal punto di vista psicofisico, adducendo sintomi come irritabilità, insonnia, problemi interpersonali e, nei casi più gravi, quadri di ansia e depressione.
Nei casi in cui il problema sia già presente e crei disagio significativo nella vita della persona, gli interventi terapeutici sulla dipendenza risultano senz’altro utili, andando a sondare e ristrutturare insieme al paziente le sue esperienze relazionali e i suoi bisogni narcisistici. È importante ricordare che una buona prevenzione primaria, condotta su bambini e adolescenti con interventi psico-pedagogici di promozione alla salute, è utile a promuovere le life skills che, secondo le indicazioni dell’OMS, sono fondamentali anche per prevenire l’insorgenza di dipendenze.
Se hai curiosità di eseguire un veloce test online (“IAT”; Dott.ssa K. Young, 1998) per verificare una possibile presenza di problematiche di dipendenza da internet, clicca il link sottostante.
https://www.psiconline.it/servizi/i-test-psicologici/internet-addiction-test-iat.html
Nota: questo non è un test diagnostico, rivolgiti ad un professionista se ritieni di aver bisogno di aiuto.
Dott.ssa Mariapaola Tomasoni
Bibliografia e Sitografia:
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Bruckman, A. (1992), Identity Workshop: Emergent Social And Psychological Phenomena In Text- Based Virtual Reality.
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Menduni, E., Nencioni, G., Pannozzo, M. (2011), Social Network: Facebook, Twitter, Youtube e gli altri: relazioni sociali, estetiche, emozioni. Milano, Mondadori Education S.p.A.
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Young, S. K. (2000), Presi nella rete: intossicazione e dipendenza da internet. Prefazione di Tonino Cantelmi, Bologna, Milano, Roma, Edizioni Calderini della Calderini s.r.l.